Prosegue il ciclo di interviste di NUVA alle realtà che si sono distinte nell’elaborazione di modelli di business incentrati sulla sostenibilità. Oggi è la volta di VAIA, una realtà unica, che ha fatto molto parlare di sé. Partendo da una calamità naturale (la tempesta Vaia che ha colpito le Dolomiti nel 2018), ha dato vita a un business rigenerativo, a supporto degli ecosistemi e delle comunità locali
Come nasce VAIA?
Nell’ottobre del 2018 la tempesta Vaia ha colpito le Dolomiti, distruggendo circa 42 milioni di alberi. Abbiamo scelto di reagire e di trasformare il problema in un’opportunità per l’ecosistema e le comunità locali. Il nostro progetto si fonda sul recupero di materie prime in luoghi colpiti da calamità naturali, sull’artigianato Made in Italy e sulla restituzione al territorio. Realizziamo oggetti utili sia per l’uomo che per la natura, grazie ad azioni concrete di rinascita sostenibile, come la riforestazione e lo studio dei ghiacciai. Per il nostro impegno, VAIA è stata inserita da Forbes nella lista dei “100 giovani leader del futuro in Italia”.
Lotta al cambiamento climatico, tutela della biodiversità, approvvigionamento responsabile: in che modo integrate le tematiche di sostenibilità nell’ambito del vostro modello di business?
Il nostro progetto è un esempio di vera economia circolare, in cui produrre non significa sfruttare o sottrarre risorse all’ecosistema, bensì restituire al territorio e all’ambiente. Ad esempio, ogni VAIA CUBE è realizzato con il legno degli alberi abbattuti dalla tempesta, viene lavorato esclusivamente da artigiani locali e per ogni pezzo venduto piantiamo un nuovo albero per ricostruire le foreste delle Dolomiti, chiudendo così il cerchio.
Mettere a dimora un albero significa anche ripulire il bosco, rispettare la biodiversità e monitorare lo stato di salute delle piantine. È un’operazione complessa, ma porta innumerevoli vantaggi: cattura della CO2 e del PM10 (mitigando i cambiamenti climatici e migliorando la qualità di aria e acqua), riduzione dell’erosione del suolo e prevenzione del rischio idrogeologico, tutela degli habitat per la fauna selvatica e sostegno delle comunità locali attraverso, l’ecoturismo e la gestione responsabile delle risorse forestali. In sintesi, si contribuisce alla rinascita delle Dolomiti.
Quali sono oggi, a vostro parere, le competenze richieste per il sustainable business modeling?
Alla base pensiamo ci sia la necessità di conoscere capire il contesto ambientale e sociale nei quali si opera. Nel nostro caso, poi, la creazione di una filiera solida (dagli artigiani e i designer ai partner per la realizzazione dei vari progetti) e di una forte community è alla base di un modello di business focalizzato sul costante coinvolgimento delle persone. Poi la capacità di comunicare e spiegare quali sono i valori e le potenzialità del progetto, che sono la chiave per farne capire l’importanza. Infine, l’elasticità con la quale si affrontano le diverse situazioni, le nuove sfide.
Avete fatto ricorso a qualche società di consulenza o avete partecipato a dei programmi di accelerazione per sviluppare il vostro modello di business?
Programmi di accelerazione, per il momento, no. La consulenza è quotidiana, ma è corale: tante voci diverse, di startupper come noi e di imprenditori di successo, di ricercatori e professionisti di vari settori ma anche di “persone comuni”, che con i loro costanti feedback e consigli ci aiutano a disegnare la nostra strada.
Oggi, chi sono i principali acquirenti del VAIA Cube?
I Vaier, come li chiamiamo noi, sono persone che si sono appassionate al nostro operato e che si rispecchiano nella nostra visione del mondo. Non solo si riconoscono nello stile VAIA, ma vogliono agire e reagire – in molteplici modi – rispetto alle sfide del nostro tempo, impegnandosi concretamente per avere un impatto positivo. Sono spesso giornalisti, professori, liberi professionisti, manager, titolari di PMI, studenti universitari. Amano la Natura – in particolare le Dolomiti – ma anche l’Arte, leggono l’attualità, svolgono attività outdoor, sono impegnati nel sociale e nella tutela dell’ambiente.
Quali prospettive immaginate per VAIA nei prossimi tre anni?
Ormai manca poco al raggiungimento dell’obiettivo dei 100.000 alberi piantati nelle Dolomiti (siamo già a oltre 90.000!), i progetti sui ghiacciai sono ben avviati e quindi stiamo già volgendo il nostro sguardo altrove. Crediamo che il modello VAIA sia replicabile in diversi territori e applicabile in tanti altri contesti, dai cataclismi climatici agli sprechi di risorse naturali. Pensiamo, ad esempio, alla Puglia colpita dalla Xylella: è una sfida che ci piacerebbe raccogliere e stiamo già lavorando con nuovi biomateriali a partire dal legno di ulivo e studiando un output in linea con i nostri valori.