Maggio è un mese speciale per gli amanti della musica pop in Europa. Dal 1956 è il momento di Eurovision, il concorso canoro più seguito al mondo. Ideato agli albori dell’idea di integrazione europea, prese a modello un altro evento musicale che ben conosciamo: il Festival di Sanremo, nato cinque anni prima. Seguitissimo nei paesi del nord Europa, da alcuni anni la sua popolarità è cresciuta anche in Italia. Per i pochi che ancora non lo conoscono: ogni anno in una location diversa si incontrano artisti diversi, uno per ogni nazione partecipante, sfidandosi in una gara artistica il cui vincitore è decretato per metà dal voto popolare e per metà da delle apposite giurie nazionali.
Per chi è abituato al Festival di Sanremo (tutt’ora molto più seguito nel nostro paese), saltano all’occhio alcune vistose differenze. Le grandi arene ospitano un pubblico molto maggiore, che si raccoglie da tutto il Continente. L’aspetto scenico è centrale: sul palco niente orchestra, ma complicate e costose coreografie. Eurovision è prima di tutto grande. E, come spesso accade per i grandi eventi, è spontaneo chiedersi: ma è sostenibile?
L’impatto ambientale di concerti e fiere
L’edizione 2024 di Eurovision si svolge a Malmö, in Svezia, poiché il regolamento prevede che ogni anno la nazione ospitante sia la vincitrice del contest precedente. Dopo la vittoria della rock band Maneskin nel 2021, ad esempio, l’Italia organizzò l’edizione 2022. Sveriges Television, l’emittente pubblica svedese che ha in mano le redini della kermesse, garantisce che il 100% dell’energia elettrica usata durante l’evento proviene da fonti rinnovabili. L’European Broadcasting Union, l’organizzazione che presiede il Festival nel suo insieme, ha promesso di varare entro il 2025 un corpus di linee guida per la sostenibilità da mettere a disposizione di tutte le emittenti nazionali che organizzeranno le future edizioni. Le autorità di Malmö, intanto, hanno provveduto a segnalare tutte le caratteristiche verdi della città: fontane di acqua potabile distribuite capillarmente, buon trasporto pubblico, grande diffusione di piste ciclabili, disponibilità di cibo plant-based.
Tutti segni dell’attenzione sviluppata negli ultimi anni rispetto alla crisi eco-climatica in corso. Ma ancora non abbastanza per rispondere compiutamente al quesito sull’impatto del concorso. E domande simili si possono fare su tutti gli eventi di una certa dimensione. In Italia si discusse a lungo alcuni anni fa dei Jova Beach Party, un tour di concerti-spettacolo organizzati dal cantautore Jovanotti nelle spiagge italiane. Successo di pubblico e di critica, vennero duramente contestati da un bel pezzo dell’ecologismo. Nonostante una partnership col WWF, che garantiva l’attenzione all’ambiente, in molti sostennero che l’ecosistema delle dune sabbiose potesse essere danneggiato dalla presenza di palchi e migliaia di persone accalcate a ballare.
Negli Stati Uniti polemiche simili si sono sviluppate sulla più seguita e nazionalpopolare delle competizioni sportive a stelle e strisce: il Super Bowl, la finale di campionato del football americano. Solo questo sport genera globalmente, dicono le poche stime disponibili, trenta milioni di tonnellate di CO2 equivalente ogni anno. Più o meno quanto la Danimarca. Gli effetti climalteranti del Super Bowl vengono dall’energia necessaria a far funzionare gli stadi e dagli spostamenti di fan e atleti. Si calcola che, per l’ultima edizione, circa mille jet privati siano stati messi in volo per portare sugli spalti gli spettatori più facoltosi. Il settore a maggior impatto, però, è l’advertising. Secondo le stime di DGB Group, nel 2021 le pubblicità del Super Bowl hanno emesso quanto 100mila americani: due milioni di tonnellate di CO2 equivalente.
Cosa significa sostenibilità in questo settore
Negli ultimi anni, soprattutto nel mondo anglosassone e in nord Europa, è nata una figura professionale che, per mestiere, si preoccupa dell’impatto di fiere, concerti, expo: il responsabile di sostenibilità di evento. Il primo passo da compiere per chi fa questo lavoro è individuare le aree critiche. In che modo Eurovision, o le Olimpiadi, o i Mondiali di calcio, o il Super Bowl impattano sugli ecosistemi? La rivista specializzata Renewables Matter individua sette elementi chiave della sostenibilità nei grandi eventi: location, energia, rifiuti, food e beverage, mobilità, filiera e stakeholder engagement.
La centralità della location è dimostrata dal caso dei Jova Beach Party sopra citato. Ci sono ecosistemi particolarmente fragili che, semplicemente, non sopportano carichi antropici eccessivi – come avviene durante i grandi eventi. Ma il luogo ha anche a fare con uno altro punto della lista, la mobilità. Quanto è possibile per il pubblico usare trasporto pubblico e mezzi a basse emissioni per raggiungere la sede del concerto, del festival, della mostra? Sull’energia si concentrano gli sforzi di molti organizzatori: oggi è possibile e spesso conveniente usare solo fonti rinnovabili. Assieme alla provenienza conta l’efficienza: ridurre lo spreco energetico è altrettanto importante dell’abbandono del fossile. La gestione dei rifiuti è uno degli elementi più logisticamente sfidanti. Cristian D’Affuso è promotore di Plastic Free Movida e fondatore di Greenlace, un network specializzato nella sostenibilità dei festival. «Non bastano gli accordi con i vari enti che gestiscono la raccolta, ma è necessario il lavoro di addetti e volontari che segnalino ai partecipanti della manifestazione come disfarsi in maniera adeguata dei propri rifiuti. Per quanto riguarda la plastica, invece, si va sempre di più verso tecniche di riutilizzo a discapito dell’usa e getta. Dal 3 luglio scorso, infatti, la Direttiva europea Sup sulla plastica monouso entra in azione proprio su questo settore mettendo al bando gli oggetti usa e getta: cannucce, cotton fioc, piatti e posate, palette da cocktail, bastoncini dei palloncini, contenitori per alimenti e bevande in polistirolo, solo per citare quelli coinvolti nel settore eventi” scrive D’Affuso.
Sul cibo c’è un diffuso equivoco. Spesso chi organizza eventi presta attenzione solo al packaging, evitando ad esempio l’uso di plastica. Ma si ignora lo spreco alimentare e, soprattutto, il tipo di cibo venduto. Gli studi sono unanimi nello spiegare come la tipologia di alimento incida sul suo impatto molto più della provenienza o del confezionamento. Anche se locale, una bistecca richiederà sempre più emissioni e consumo idrico di un piatto di fagioli o un panino al falafel. Per questo menù plant-based sono consigliati. Alla Cop28 di Dubai, il negoziato sul clima delle Nazioni Unite, i diplomatici tentarono di dare l’esempio prevedendo che i due terzi del cibo venduto fosse di origine vegetale. Infine, filiera e coinvolgimento degli stakeholder: la sfida è non solo quella di ridurre gli impatti in loco, ma inserire l’evento che si organizza in un complesso economico circolare e sostenibile.
Artisti per i concerti sostenibili
Il 2019 è stato per molti un momento di svolta. La protesta solitaria dell’attivista svedese Greta Thunberg di fronte al parlamento di Stoccoloma, presto confluita nel movimento globale Fridays For Future, mette al centro dell’agenda politica e mediatica il tema della crisi climatica. E anche un pezzo minoritario ma rilevante del mondo artistico inizia a interrogarsi. I Coldplay, celebre band britannica, annunciano quell’anno che rinunceranno per un po’ ai tour globali, in attesa di capire come ridurne l’impatto.«Ci vogliamo prendere del tempo, nel prossimo anno o due, per capire come il nostro tour non solo possa diventare completamente ecosostenibile, ma anche come possa essere attivamente benefico per la causa ambientalista. Tutti noi dobbiamo trovare il modo migliore di fare il nostro lavoro e il nostro prossimo tour sarà il migliore possibile in termini ecologici» spiega il frontman Chris Martin. Dello stesso parere un altro gruppo britannico, I Massive Attack, già impegnati in altre cause sociali e politiche. La band incarica il Tyndall Center for Climate Change Research delll’Università di Manchester di condurre uno studio per valutare e analizzare l’impatto ambientale dei propri concerti dal vivo. L’obiettivo principale è quello di sviluppare un metodo efficace per ottimizzare l’uso delle risorse e proporre soluzioni concrete su come l’industria musicale nel suo complesso possa ridurre la sua impronta ecologica: l’ambizioso obiettivo è rendere gli spettacoli live completamente privi di emissioni di carbonio entro il 2050. Tentativi ancora parziali, ma preziosi.
La transizione ecologica, insomma, è un processo tentacolare, che tocca tutti i campi della nostra società. Anche l’Eurovision.