Il recepimento della CSRD: le peculiarità della normativa italiana

13 Settembre 2024

Il 30 agosto 2024, il Consiglio dei Ministri ha (finalmente) approvato in via definitiva il Decreto Legislativo di recepimento della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) (Direttiva 2022/2464/UE), la direttiva europea volta a migliorare la trasparenza e la qualità delle informazioni di sostenibilità fornite dalle imprese.

La CSRD estende e rafforza gli obblighi di rendicontazione, non più “non finanziaria”, ma bensì “di sostenibilità”, includendo anche le piccole e medie imprese quotate, ed introducendo regole più rigorose circa la predisposizione dei Bilanci di Sostenibilità. L’obiettivo principale è quello di migliorare la trasparenza, la comparabilità e la qualità delle informazioni relative ai fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) fornite dalle imprese, rendendole più dettagliate ed affidabili, e facilitando così la transizione verso un’economia più sostenibile.

La direttiva è entrata in vigore il 5 gennaio 2023, e poco più di un anno dopo, a febbraio 2024 è iniziato l’iter per il suo recepimento in Italia, che è stato caratterizzato da quattro snodi fondamentali.  Il primo è stato l’approvazione della Legge di Delegazione Europea 2023 (L. 21 febbraio 2024 n.15), con la quale il legislatore interno ha provveduto a recepire ben 20 Direttive Europee, tra cui la CSRD, ed ha adeguato l’ordinamento nazionale a 9 Regolamenti Europei. Il secondo ed il terzo snodo, sono stati rispettivamente l’apertura, sempre a febbraio 2024, di una consultazione pubblica avente ad oggetto lo schema di decreto delegato elaborato dal Dipartimento del Tesoro e dalla Ragioneria Generale dello Stato, e l’approvazione, il 10 giugno 2024, dello schema di decreto legislativo da parte del Consiglio dei Ministri. Infine, il quarto ed ultimo snodo è stato appunto, il 30 agosto 2024, l’approvazione definitiva da parte del CdM del decreto legislativo di recepimento, che sarà poi seguita dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo.

Il nuovo decreto legislativo, in linea con quanto previsto dalla CSRD, introduce diverse novità, tra cui:

  • Il graduale ampliamento del perimetro delle imprese coinvolte, all’interno del quale rientreranno, oltre alle grandi aziende, anche le piccole e medie imprese quotate, gli enti creditizi di piccole dimensioni, ed alcune filiali di grandi gruppi non europei;
  • Il principio della doppia materialità, che impone alle organizzazioni di rendicontare sia l’impatto della propria attività sui fattori ESG (materialità d’impatto), che l’influenza dei fattori stessi sull’andamento dell’impresa (materialità finanziaria);
  • L’ampliamento del contenuto delle informazioni comunicate, che devono essere sia qualitative che quantitative, riferirsi sia al passato che al futuro, e riguardare anche la catena di fornitura dell’impresa;
  • L’obbligo di rendicontare secondo i nuovi standard comuni europei, gli European Sustainability Reporting Standard (ESRS), sviluppati dall’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG);
  • L’obbligo di inserire il report nella relazione sulla gestione nel formato elettronico unico europeo (ESEF), in Extensible Hyper-Text Markup Language (XHTML)
  • L’obbligo di sottoporre a verifica (assurance) esterna le informazioni riportate nel report e la loro conformità agli standard ESRS.

Per un esame più dettagliato delle nuove disposizioni introdotte dalla CSRD e, di conseguenza, dal decreto di recepimento, si rimanda al nostro precedente articolo “Nuovi parametri per il reporting di sostenibilità. Cosa cambia in Italia?”.

In questa sede, è interessante invece approfondire, con riferimento alle suddette disposizioni, le specificità presenti esclusivamente nel decreto legislativo di recepimento, poiché sviluppate in funzione del contesto nazionale. Tali peculiarità, caratteristiche della normativa italiana, riguardano principalmente la definizione di piccole e medie imprese, l’introduzione della figura del revisore di contabilità, l’importanza dei rappresentanti dei lavoratori, le responsabilità e l’apparato sanzionatorio.

Innanzitutto, per quanto riguarda la definizione di PMI, il decreto definitivo, rispetto alla versione su cui era stata fatta la consultazione pubblica, ha rivisto i criteri per l’applicazione dell’obbligo di rendicontazione. Inizialmente si consideravano PMI le organizzazioni con un numero di dipendenti compreso tra 50 e 250, mentre nella versione finale la soglia minima è stata ridotta a 11 dipendenti. Ufficialmente, quindi, le PMI quotate soggette all’obbligo di rendicontazione, in linea con la CSRD, sono tutte quelle imprese i cui titoli vengono scambiati sui mercati regolamentati in Italia o nell’UE e che soddisfano due dei seguenti criteri: un numero medio di dipendenti tra 11 e 250, un attivo totale tra 450.000 euro e 25 milioni, e ricavi annuali tra 900.000 euro e 50 milioni.

Il decreto di recepimento, poi, introduce la nuova figura del “revisore di sostenibilità”, che avrà il compito di attestare, in virtù dell’obbligo di assurance esterna del bilancio di sostenibilità, la conformità della rendicontazione. A tal proposito, la norma stabilisce anche i requisiti e l’iter formativo necessari per questa figura professionale, analoga a quella del revisore legale, e prevede che queste due figure possano coincidere. Inoltre, vengono disciplinate le modalità di conferimento dell’incarico di assurance, differenziate in base alla natura dell’ente, e definite le modalità di svolgimento dell’incarico attraverso i principi di assurance, etica e indipendenza applicabili, nonché i contenuti della relazione di attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità al quadro normativo di riferimento.

La norma riconosce poi un ruolo di particolare rilievo ai rappresentanti dei lavoratori, obbligando le organizzazioni a prevedere modalità adeguate ad informarli e discutere con loro le informazioni pertinenti, nonché i mezzi per ottenere e verificare le informazioni sulla sostenibilità. Il ruolo dei rappresentanti dei lavoratori, così come quello dei revisori, risulta quindi fondamentale ai fini della validazione e del miglioramento delle pratiche di sostenibilità aziendale, con lo scopo di far sì che le imprese si muovano attivamente verso un’operatività più sostenibile e responsabile.

Infine, le ultime peculiarità del decreto legislativo di recepimento riguardano le responsabilità ed il sistema sanzionatorio in caso di non conformità della rendicontazione di sostenibilità al decreto in esame. La norma, infatti, introduce sanzioni pecuniarie significative sia nei confronti degli amministratori delle società soggette agli obblighi previsti dalla CSRD, che nei confronti dei revisori della sostenibilità deputati a fornire l’attestazione di conformità. La Consob è l’organo responsabile dell’applicazione delle sanzioni, che, nei primi due anni dall’entrata in vigore del decreto, non potranno superare i 125.000 euro per le società di revisione e i 50.000 euro per i revisori di sostenibilità. Inoltre, per determinare la tipologia e l’entità delle sanzioni, la Consob dovrà valutare attentamente le procedure adottate dai dirigenti e verificare se le eventuali violazioni commesse dall’organo amministrativo delle aziende siano legate all’omissione o alla comunicazione di informazioni da parte delle società appartenenti alla catena del valore non direttamente controllate dall’azienda interessata.